
Honey Lemon Soda: più dolce che frizzante, ma va bene anche così
Uka Ishimori e Kei Miura sono spesso comparsi nei feed dei miei social durante i passati mesi invernali. Ovviamente, non avevo idea che si chiamassero così ma il titolo dell’anime di cui sono protagonisti ha iniziato a imprimersi nella mia testa insieme all’idea di dare un’occhiata – prima o poi – ai 12 episodi della prima stagione presenti su Chruncyroll.
Il momento propizio è arrivato con le vacanze pasquali. Avendo finalmente un po’ di tempo a disposizione, mi sono decisa a premere il tasto “play” incoraggiata anche dai tanti commenti positivi che mi era capitato di leggere su Internet. È così che, in poco più di 24 ore, sono entrata nella storia di Honey Lemon Soda -sparkling love story. O, almeno, nella sua prima parte.
Nonostante non ne sia rimasta folgorata, mentirei se dicessi che la visione non è stata interessante o coinvolgente. Honey Lemon Soda è carino, intrattiene in maniera piacevole spettatori e spettatrici e vanta alcuni aspetti interessanti. Personalmente, trovo il sottotitolo – sparkling love story – poco adatto a rappresentare la natura dell’anime. Non c’è nulla di “frizzante” nella storia raccontata. Almeno non per il senso che io attribuisco all’aggettivo. Potrei definire sparkling le dinamiche relazionali presenti in Romantic Killer o The apothecary diaries, ma non quelle di Honey Lemon Soda. Per quest’ultimo è molto più adatta l’immagine del miele evocata dal titolo vero e proprio. La mancanza di effervescenza, infatti, è compensata da una buona dose di dolcezza che non si può fare a meno di provare di fronte a certe scene.
Storia d’amore tra i banchi di scuola
Uka Ishimori ha trascorso gli anni della prima adolescenza in maniera tutt’altro che felice. Bullizzata dai suoi coetanei e trattata come una bambola di porcellana dai genitori, ha finito per diventare una persona completamente priva di autostima e di fiducia in sé stessa. Il pensiero di essere condannata a vivere come una pietra per il resto della vita è cresciuto a tal punto da diventare una ferma credenza. L’unico in grado di scalfire questa monolitica certezza è Kei Miura, un ragazzo incontrato per caso che, con poche ma schiette parole di incoraggiamento, le permette di intravedere una via d’uscita dall’isolamento auto-imposto.
Ishimori decide di iscriversi allo stesso liceo del ragazzo e ciò le permette di creare, per la prima volta in vita sua, dei legami relazionali. Grazie a questi, riuscirà a conoscersi e a scoprire i suoi pregi e talenti. Imparerà a prendersi delle responsabilità e ad affrontare situazioni che prima la paralizzavano. Inoltre, sperimenterà per la prima volta l’innamoramento proprio nei confronti di Miura…
E qual è la novità?
Già solo leggendo in queste poche righe la trama di Honey Lemon Soda è facile capire che non si tratta di una storia particolarmente originale. Le dinamiche sono abbastanza classiche e in più occasioni mi sono venuti in mente sia Komi can’t communicate che Blue Box, ma sono sicura che chiedendo a qualcun altro, ci avrà trovato altri rimandi. Forse è per questo che il manga di Mayu Murata – iniziato nel 2015 e composto ad oggi da 27 volumi in Giappone – non è ancora arrivato in Italia.
Giudicare un manga o un anime per l’originalità sarebbe fuorviante. È un’industria che si basa sulla ripetizione di specifici elementi narrativi che si sa essere in grado di suscitare determinate emozioni in chi legge o guarda. Ovviamente non mancano i titoli rivoluzionari o visionari, ma si tratta di eccezioni, non della regola. Non è detto, però, che nelle narrazioni più tradizionali non si possa trovare l’elemento d’interesse che rende la visione unica e l’opera caratteristica. Nel caso di Honey Lemon Soda ce ne sono diversi su cui vale la pena soffermarsi.
Una protagonista che può farcela anche da sola
Uka Ishimori non è una protagonista facile da amare. Esattamente come Myo di Il mio matrimonio felice a primo impatto può risultare pesante per la sua insicurezza, per la fragilità emotiva e per i continui dubbi su sé stessa e sui propri comportamenti. Eppure, rinchiuderla in questa definizione significa non tener conto della sua storia né del processo di crescita che attraversa nel corso degli episodi.
Ishimori è un personaggio molto realistico. L’autostima non si costruisce in un giorno e, soprattutto, non si può basare solo su rassicurazioni esterne che arrivano una o due volte nella vita. Conoscersi e valorizzarsi è un processo lento e ricco di ricadute e tentennamenti. Si può avere difficoltà a riconoscersi in una protagonista simile, ma sarebbe scorretto non attribuirle una grande forza d’animo e una buona capacità di riscatto personale che possono essere fonte d’ispirazione.
L’amore come trampolino di lancio verso sé stessi
Un altro aspetto positivo di Uka da non sottovalutare è la sua voglia di farcela anche da sola. Nonostante il supporto di Kei sia fondamentale per iniziare a credere in sé stessa e per creare nuovi legami relazionali, Ishimori non vuole dipendere dal ragazzo che le piace né si aspetta di essere protetta da lui. Piuttosto, usa la fiducia che lui le ha dimostrato come incoraggiamento per superare gli ostacoli che le si presentano davanti.
Trovo sempre piacevole vedere rappresentate dinamiche simili in una storia perché possono essere illuminanti soprattutto per ragazze di giovane età (target principale dell’anime). A fronte delle tante storie in cui la donna deve aspettare l’arrivo del principe azzurro per essere salvata (presenti ancora oggi), trovarsi di fronte protagoniste in grado di percorrere la propria strada da sole è rigenerante. Ciò non comporta l’esclusione dell’amore romantico, ma ne dà una rappresentazione più sana. Il compagno diventa un alleato, non l’eroe della storia. E così dovrebbe essere anche nella vita di tutti i giorni. Le relazioni che intrecciamo – romantiche e non – sono fondamentali per crescere, per esperire, ma non possono essere determinanti né assolute.
Gelose o solidali?
Ricorderò con piacere Honey Lemon Soda anche per la profonda gentilezza alla base dei legami femminili presenti nella serie. Particolarmente interessante è il rapporto tra Uka e Serina, le due “rivali” in amore.
Siamo abituati/e a vedere il triangolo amoroso rappresentato come una vera e propria competizione: le due contendenti possono essere “sportive” tra loro, ma non sono di certo solidali. Devo ammettere che mi è già capitato di rimanere sorpresa di fronte alla maturità con cui molti personaggi di manga e anime accettano che il loro interesse amoroso sia innamorato di un altro o un’altra. Guardando Inuyasha, ad esempio, ero rimasta colpita da come Kagome si relaziona a Kyoko nonostante la sua giovane età e la paura di perdere la persona da lei amata.
In Honey Lemon Soda questo stesso tema prende una piega ancora più netta. Vediamo Uka e Serina sviluppare un vero e proprio legame di amicizia. Sono sincere l’una con l’altra, si supportano reciprocamente e sono pronte ad aiutarsi a vicenda. Con il loro rapporto ci dimostrano che i legami tra donne non dovrebbero essere condizionati dalla presenza dell’uomo, ma vanno vissuti per ciò che sono. Anche perché le scelte riguardanti i sentimenti sono sempre personali e sono determinate da molteplici e disparati fattori che, magari, non hanno nulla a che fare con la presenza di un’altra persona.
Spezzare i legami con i genitori… oppure no?
Il nono episodio della prima stagione – Addio, me impacciata – è quello che mi ha permesso di apprezzare più di tutti la serie. Si tratta della puntata in cui Uka deve affrontare il padre che si oppone agli amici eccentrici della figlia tanto da decidere di non mandarla più a scuola.
Lo scontro con i genitori è fondamentale in una storia adolescenziale. Se poi questi sono in parte responsabili delle difficoltà del/la protagonista, il confronto è d’obbligo. Cresciuta con un padre iperprotettivo, Uka non è mai riuscita a essere davvero sincera con i suoi genitori. Per non farli preoccupare, ma anche per non intaccare l’immagine idealizzata che loro avevano di lei, la ragazza non è mai stata in grado di confessare le angherie subite alle medie. La mancanza di comunicazione continua anche durante i primi mesi di scuola superiore fino a quando non si arriva al punto di rottura tra i due.
Lo dico senza troppi giri di parole: ho odiato il signor Ishimori. Le sue preoccupazioni per la figlia mi sono sembrate morbose e ho provato parecchio fastidio nel vederlo agire al posto di Uka. Pur essendo fatto tutto in nome dell’amore genitoriale, la cecità di lui di fronte ai desideri e ai bisogni della figlia è difficile da mandare giù.
Ancora una volta, però, sono rimasta sorpresa dalla risoluzione trovata dalla protagonista di Honey Lemon Soda. Guardando la bontà delle intenzioni e restando ferma sui suoi desideri, Uka riesce a trasformare il suo rapporto con il padre senza perderlo del tutto. Per la prima volta, confessa quello che ha dovuto subire e spiega le motivazioni che l’hanno spinta a nascondere tutto. Inoltre, esprime in maniera franca i suoi bisogni portando il genitore ad ascoltarla. In questo modo, può rivendicare la propria libertà di scelta senza rinnegare i suoi legami familiari.
Una risoluzione che può apparire poco realistica (questa sì), ma che comunque non è del tutto improbabile e che rimane bella da guardare.
Honey Lemon Soda: quello che non ho capito
Un episodio che ho avuto difficoltà a guardare, invece, è stato l’undicesimo (Emergete liberamente, miei sentimenti). La colpa è prevalentemente del montaggio. Le tante scene divise tra loro dall’immagine della strada che scorre in avanti mi hanno creato un effetto dissociante piuttosto che immersivo. Non ho ben capito la necessità di questo espediente visivo. Rappresenta il correre degli eventi? Il destino d’amore che sta per compiersi? L’accelerazione della narrazione? Non lo so. In ogni caso, è stato straniante.
Non ho particolarmente apprezzato neanche le inquadrature sovrapposte presenti in alcuni episodi. Gli slide show come se si stesse guardando una presentazione Canva non mi sembrano una trovata particolarmente riuscita dal punto di vista estetico. Potrebbe esserci la volontà di citare le tavole del manga… però stiamo sempre parlando di media diversi che sfruttano linguaggi diversi per la costruzione di un determinato significato. Per omaggiare il lavoro di Murata si potevano trovare tante altre alternative.
I disegni non mi dispiacciono anche se non ho amato particolarmente la scelta di rendere tutti gli occhi gialli. Va bene il richiamo alla limonata, ma c’era davvero bisogno di coinvolgere tutti i personaggi?
Al di là di queste perplessità, le animazioni funzionano e anche il ritmo della storia. I 12 episodi scivolano via velocemente e, una volta finiti, si avrebbe voglia di vedere ancora che cosa succede.
La seconda stagione di Honey Lemon Soda
L’anime ha una sua conclusione, ma il personaggio di Kei rimane alquanto misterioso. So che la prima stagione ha adattato solo i primi 8 volumi della serie e, quindi, non è difficile immaginare che ci sia ancora molto altro da dire e da raccontare. Sembra che la seconda stagione sia in produzione anche se è difficile credere che la vedremo prima del 2026. Con tutto quello che ho da leggere e da vedere, non credo che mi riuscirò a dedicare al manga… però non si sa mai nella vita.
Scheda tecnica
Titolo originale: | Honey Lemon Soda ハニーレモンソーダ |
Studio di animazione: | J.C.Staff e TMS Entertainment |
Anno di uscita: | 2025 (dal 9 gennaio al 27 marzo) – 12 episodi |
Manga: | 27 volumi già usciti, ma la serie è ancora in corso. La prima pubblicazione risale al 2015. Il manga è ancora inedito in Italia. |
Genere: | shojo, romantico, scolastico |
Voto: | 3/5 |
Da guardare se: | si amano gli anime ambientati in ambiente scolastico o se si ha voglia di dolcezza. |
Federica Crisci
Le immagini contenute in questa recensione sono riprodotte in osservanza dell’articolo 70, comma 1, Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Si tratta, infatti, di «riassunto, […] citazione o […] riproduzione di brani o di parti di opera […]» utilizzati «per uso di critica o di discussione», nonché per mere finalità illustrative e per fini non commerciali. La presenza in Anime a Merenda non costituisce «concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».

Un’esperienza manhwa: Why Raeliana ended up at the Duke’s mansion
Avendo un sabato pomeriggio completamente libero, ho deciso di dedicarmi alla visione di un anime (che novità!). Tra i titoli in lista su Chrunchyroll – aggiunto dopo averlo incrociato più volte tra i post del feed di Instagram – c’era lui, Why Raeliana ended up at the Duke’s mansion. Un altro anime romantico di cui ci si mette più tempo a pronunciarne il nome che non a vederne gli episodi (12 in tutto).
La trama mi ha intrigata immediatamente visto che ci ho rivisto dinamiche e ambientazioni di 7th time loop. Mi preoccupava il numero limitato di episodi: possibile che la storia si esaurisse così in fretta in maniera esaustiva? Ovviamente no, anzi: l’anime termina proprio sul più bello! Come per l’opera di Amekawa, anche per quella di Milcha è stata realizzata una sola stagione animata nel 2023 e ancora non si sa nulla su un possibile seguito (che, però, dubito ci sarà). Così ho dovuto per forza mettermi alla ricerca del manhwa per iniziare a leggerlo. Fortunatamente, la storia è conclusa da un po’ e ho potuto conoscerne la fine così da soddisfare la mia famelica curiosità.
La trama
La storia di Raeliana nasce nel 2016 come web novel scritta da Milcha e pubblicata a puntate su KakaoPage. Un anno dopo, la stessa piattaforma coreana ne propone una versione webtoon illustrata da Whale che andrà avanti fino al 2021. L’anime arriva nel 2023 grazie allo studio giapponese Typhoon Graphics, lo stesso che ora si sta occupando dell’animazione di Anyway, I’m falling in love with you.
In qualsiasi formato la si declini, la sinossi di Why Raeliana ended up at the Duke’s mansion è la stessa ed è l’aspetto più interessante dell’intera opera.
La giovane Eun-ha Park viene uccisa da una persona misteriosa nella Seoul moderna. Qualche attimo dopo essere precitata dal terrazzo di un grattacielo, si risveglia nei panni di Raeliana McMillan, il personaggio di un libro da lei letto intitolato “Beatrice” come la protagonista del volume. Raeliana, infatti, non è che un personaggio secondario della storia destinato a una fine infelice: deve morire per mano del suo promesso sposo così che la sua amica d’infanzia – Beatrice appunto – possa tornare a casa e incontrarsi con l’uomo a lei destinato, il duca Noah, il protagonista maschile dell’opera. Eun-ha/Raeliana, però, non ha alcuna intenzione di morire una seconda volta. Così cerca di fare di tutto per rompere il suo fidanzamento, sfruttando tutte le conoscenze sulla storia da lei possedute in quanto lettrice del libro.
Poiché tutti i tentativi di annullare il fidanzamento falliscono, Raeliana si vede costretta a coinvolgere nel suo piano Noah in persona. I due stringono un accordo basato sui reciproci interessi che li porta a fingere di essere promessi. Come è facile immaginare, i sentimenti finti in pubblico diventeranno presto reali in privato. La storia tra Raeliana e Noah andrà così a svilupparsi tra attentati alla vita della ragazza e sensi di colpa dovuti alla consapevolezza di aver cambiato la storia e di non essere nata come “prescelta”.
Uno spunto interessante (ma niente di più)
L’idea di partenza di questa storia è vincente. La presenza di un personaggio che conosce il futuro e la vera natura degli altri protagonisti coinvolti offre tantissime possibilità a livello di sviluppo narrativo. Dato che siamo all’interno di un libro di genere romantico, si può approfondire il discorso metanarrativo e sfruttare l’occasione per interrogarsi sui ruoli narrativi e sul destino che li accompagna. Personalmente amo questa tipologia di storie, le trovo ricche di spessore.
Sfortunatamente, la direzione intrapresa dal manhwa (e di conseguenza dall’anime) non è così originale come l’idea di partenza. Credo che nessuna delle due succose opportunità di cui sopra sia stata veramente colta. Raeliana vuole intrattenere il pubblico. Niente di più. Questo non significa, però, che lo faccia male. Ci sono tantissimi cliffhanger che ti portano a chiuderti nella storia e a non lasciarla fino all’ultima vignetta. La narrazione si sviluppa grazie a una serie di misteri da cui si è incuriositi/e e di cui importa la risoluzione.
Non mancano neanche i temi potenzialmente intriganti. La protagonista che riesce a determinare il suo destino senza darsi per vinta in partenza e affrontando le avversità è sicuramente d’ispirazione. La presenza di una figura femminile come Raeliana, decisa, intraprendente e capace, è sicuramente un valore aggiunto dell’opera.
Alla base di Why Raeliana ended up at the Duke’s mansion c’è una visione dell’amore squisitamente romantica che porta i due protagonisti a cercarsi indipendentemente dall’epoca e dai mondi di appartenenza. Pur non essendo un soggetto particolarmente originale, non è spiacevole da leggere soprattutto se si ha un debole per narrazioni simili.
Un’occasione mancata?
Gli aspetti positivi presenti non mi sono bastati. Pur essendo abbastanza presa dalla storia tanto da aver visto l’anime in un solo pomeriggio e aver letto il manhwa in pochissimi giorni, non l’ho trovato convincente come 7th time loop. Colpa del confronto o del gusto personale predominante nel giudizio finale? Sicuramente. Ma ho la sensazione che chi è appassionato di questo genere e ha già visto un bel po’ di storie simili non potrà fare a meno di considerare questo prodotto come un semplice passatempo. Il che, intendiamoci, va benissimo: nella vita serve anche un po’ di sano intrattenimento.
L’esperienza del web manwha
Non è la prima volta che mi capita di leggere un web manwha, quindi non posso dire di essere stata spiazzata dal formato. Eppure credo che abbia avuto un ruolo non indifferente nel raffreddare la mia empatia verso la storia. È vero che quando mi sono imbattuta in Under the oak tree (che esperienza! Prima o poi ve ne devo parlare!) avevo letto pochissimi manga e fumetti. Di conseguenza il mio occhio non era abituato a un certo tipo di costruzione della tavola.
Credo, però, che il problema sia anche nell’opera in sé. Proprio in questi giorni, infatti, sto dando di nuovo un’occhiata alla storia a fumetti tratta dal libro di Suji Kim e non avverto la stessa insofferenza provata durante la lettura di Why Raeliana ended up at the Duke’s mansion. Il web manhwa non sfrutta appieno le sue potenzialità. Non c’è un grande uso di effetti e la disposizione delle vignette non aggiunge nulla alla lettura verticale caratteristica dei tablet e degli smartphone. La grandezza degli spazi bianchi non crea chissà che variazioni di ritmo e le inquadrature lasciano un po’ troppo all’immaginazione.
Why Raeliana ended up at the Duke’s mansion: l’anime senza seconda stagione
Per coprire i “vuoti” lasciati dal web manhwa, c’è l’anime, prodotto godibilissimo e adatto a passare un pomeriggio di totale relax. Preferisco anche i disegni dei personaggi. Nonostante la poca originalità della storia, mi dispiace che non abbiano pensato alla produzione di altre stagioni e che il racconto resti così aperto. Alla fine, di prodotti d’intrattenimento di media qualità ce ne sono tanti… Why Raeliana ended up at the Duke’s mansion non era di certo meno meritevole di altri.
Scheda tecnica
Titolo originale: | Geunyeoga Gongjagjeolo Gaya Haessdeon Sajeong (coreano) |
Studio di animazione: | Typhoon Graphics |
Anno di uscita: | 2023 |
Manhwa: | 2017-2022 (KakaoPage) |
Genere: | storia d’amore |
Voto: | 3/5 |
Da guardare se: | si amano le storie d’amore e si ha un po’ di tempo libero a disposizione. |
Federica Crisci
Le immagini contenute in questa recensione sono riprodotte in osservanza dell’articolo 70, comma 1, Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Si tratta, infatti, di «riassunto, […] citazione o […] riproduzione di brani o di parti di opera […]» utilizzati «per uso di critica o di discussione», nonché per mere finalità illustrative e per fini non commerciali. La presenza in Anime a Merenda non costituisce «concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».

7th time loop: tra novel, manga e anime
12 puntate di anime. 2 volumi del manga. 6 light novel.
Questo è stato il loop in cui sono finita nel momento in cui ho schiacciato il tasto “A” della mia Nintendo Switch grazie alla quale posso guardare Chruncyroll dall tv del salotto comodamente seduta sul divano. In quel momento non potevo saperlo. Cercavo un anime carino e breve da guardare nel week-end e 7th time loop rispondeva ai requisiti. Era uno dei titoli che avevo intenzione di recuperare quest’anno di cui avevo sentito parlar bene da mia sorella.
La visione (durata poco più di una giornata) mi ha completamente folgorata. Non avendo a disposizione una seconda stagione, ho cercato notizie sulla fonte originaria della narrazione. Sono così venuta in possesso dei due volumi editi da Magic Press e delle sei light novel che sono diventate oggetto delle mie letture nelle settimane successive.
Quando parlavo di loop, non scherzavo. Mi sono completamente immersa nel mondo di Touko Amekawa. In attesa dell’uscita del settimo volume, cerco di tornare alla vita di tutti i giorni non prima, però, di aver buttato giù un po’ di riflessioni sull’opera da condividere con voi.
La trama
Durante una festa, il principe ereditario di un piccolo paese rompe il suo fidanzamento con Rishe, sua promessa sposa da quando erano bambini. La ragazza non sembra né sorpresa, né disperata come ci si aspetterebbe. D’altra parte, è ormai la settima volta che rivive quella stessa scena e sa benissimo che da quel momento in poi sarà finalmente libera di vivere la vita che desidera. L’ha fatto già sei volte, scegliendo sempre carriere diverse e assecondando così la sua infinita curiosità sul mondo. Sfortunatamente, ogni loop vissuto si interrompe dopo 5 anni dalla rottura del fidanzamento.
In questa nuova vita, Rishe decide di usare un’uscita mai provata precedentemente. Mentre sta pensando quale tipo di carriera avviare, si scontra con il principe Arnold Hein, l’erede del potente impero di Galkhein. Rishe lo conosce bene: si tratta dell’uomo che nel giro di qualche anno scatenerà una sanguinosa guerra contro i paesi vicini, guerra che in ogni loop è stata responsabile delle morti di Rishe. Nella vita appena conclusa, la ragazza è stata uccisa proprio da Arnold durante un combattimento.
Arnold viene subito colpito da Rishe tanto da chiederla in sposa. Inizialmente, la ragazza è titubante ma poi pensa che avvicinarsi al principe sia l’unico modo per capire che cosa lo porta a uccidere il padre e a dichiarare guerra al mondo intero. Inoltre, questo fidanzamento le permetterà di realizzare un sogno che si porta dietro dalla sua prima vita: vedere tutti i paesi del mondo.
Da nemici a promessi sposi…
Una volta al fianco di Arnold, Rishe scopre che il futuro marito fa di tutto per vivere all’altezza della sua fama di uomo freddo e crudele, ma non lo è affatto. Anzi, la ragazza si rende conto che l’indole del principe è essenzialmente gentile e che la sua grande intelligenza lo porta ad agire più verso il bene che non verso il male.
Mentre il legame tra i due promessi sposi cresce sempre di più, Rishe cerca di cambiare gli eventi per sventare lo scoppio del conflitto. Per farlo, si serve sia delle esperienze e conoscenze acquisite che delle persone conosciute durante le vite precedenti incontrate di nuovo in questo loop.
Riflessioni sulla storia
Se Rishe riuscirà nel suo intento, resta ancora un mistero. Pur leggendo i romanzi (i più completi dal punto di vista della trama), è chiaro che la vicenda è ancora alle battute iniziali e che tanto ancora deve succedere e deve essere rivelato. Di conseguenza, ho più domande che non riflessioni da fare (e a cui vorrei davvero tanto una risposta!). Nonostante questo, condivido qualche considerazione anche per dare un po’ di soddisfazione al loop in cui sono finita.
L’eroina della storia
Non mi aspettavo di trovare una protagonista così. Lo ammetto, ero partita prevenuta basandomi sul genere dell’anime e anche sulla fisicità che hanno assegnato a Rishe (i capelli rosa e il seno molto più pronunciato rispetto ai disegni del manga e dei romanzi). Immaginavo una donna molto più dipendente dal legame affettivo, un po’ simile a Myo di Il mio matrimonio felice. Invece, sorpresa! L’eroina animata davanti ai miei occhi era una ragazza determinata a vivere dando valore alle proprie scelte.
Rishe si è liberata del proprio ruolo di “fidanzata” già all’inizio della narrazione. Scopriamo che per ricoprire quella parte era stata costretta a sacrificare interessi, passioni e desideri personali al punto tale da considerare le prediche genitoriali (“La vera felicità di una donna è sposare un uomo riconosciuto da tutti e dargli dei figli”) una maledizione. Una volta esiliata, dopo un primo momento di sconforto, Rishe capisce di avere un’opportunità: scegliere chi essere e cosa fare, indipendentemente dal genere d’appartenenza o dalla classe sociale di nascita. A quel punto, Rishe si apre al mondo: ogni sua nuova vita è un’occasione per scoprire qualcosa di nuovo, per sperimentare più situazioni possibili e imparare da queste.
Ed è così che Rishe costruisce il mantra che l’accompagna in ciascuna delle sue esistenze:
Sono io e solo io a decidere ciò che conta nella mia vita.
Rishe è una donna libera che decide di non lasciarsi mai più incatenare dalle convinzioni delle persone che la circondano. Questo le permette di morire ogni volta senza alcun rimpianto.
Una storia d’amore costruita sulla libertà
Nel corso del suo settimo loop finirà per innamorarsi per la prima volta nella sua (lunga) vita.
Nella relazione tra Arnold e Rishe ci sono diversi aspetti che si trovano in tante altre storie romantiche: abbiamo la protagonista femminile che cerca di salvare il proprio partner da se stesso donandogli l’amore che non ha mai conosciuto nell’età infantile. Eppure, Amekawa ci tiene a costruire il rapporto tra i due su un valore esplicitamente dichiarato: la libertà degli individui che lo compongono. Questo è sicuramente l’aspetto più interessante di tutta la loro storia d’amore. Vale qui il discorso che facevo per Romantic killer: servono trame in grado di promuovere aspetti più funzionali e sani dei legami. E questo 7th time loop lo fa bene pur presentando tantissime scene squisitamente extra-romantiche.
È fuori discussione che buona parte della narrazione (in qualsiasi forma) ruoti intorno alle scene tra i due. Anzi, ho notato che man a mano che il sentimento tra Rishe e Arnold cresce, la ragazza agisce sempre meno in autonomia. Nei primi volumi (e nella prima stagione dell’anime), è lei da sola a ingegnarsi e a progettare piani d’azione per spingere Arnold ad agire diversamente. Negli ultimi, invece, Rishe coinvolge il principe nei suoi progetti, si appoggia alla sua forza e cerca di guadagnarsi la fiducia del ragazzo per portarlo a fare altrettanto. Questo non a scapito della sua indipendenza o dei suoi valori. L’amore di Rishe per Arnold non le impedisce di continuare a “ostacolare” i progetti di guerra del futuro marito, anzi la rende più risoluta nel tentare di fermarli. Il sentimento amoroso dovrebbe essere proprio questo: una forza in aggiunta, non in sottrazione.
Poter vivere e rivivere la propria vita
I loop temporali sono sicuramente la parte più intrigante di 7th time loop. Non sappiamo ancora che cosa li generi. Personalmente, credo che abbia a che fare proprio con la storia d’amore tra i protagonisti, ma potrei essere facilmente smentita prossimamente, anche perché nel sesto romanzo compare un personaggio misterioso che Rishe sospetti sia simile a lei.
L’idea di avere a disposizione più vite e di dedicare ciascuna di esse a una carriera o a un’esperienza è veramente intrigante. È un gioco che nella vita può capitare di fare tra amici/che. Da persona che ama provare cose diverse e che passa tantissimo tempo a contemplare l’universo dei what if non ho potuto fare a meno di amare l’impianto della storia di Rishe. Impianto che ci mostra quanto l’esperienza sia fondamentale nelle scelte e nelle azioni che compiamo giorno dopo giorno.
Rishe può avere molti pregi, ma sono tutti coltivati, non innati. La curiosità, lo studio e l’impegno sono ciò che porta i suoi talenti a sbocciare. Le ci son volute ben 6 vite per raggiungere un simile livello, a riprova che tutto ciò che viviamo dovrebbe essere preso da noi come un’opportunità per imparare qualcosa di più sul mondo e su di noi.
Personaggi secondari
Intorno alla storia d’amore tra Arnold e Rishe si muovono le storie di tutti gli altri personaggi che li circondano: Michel Hevin, la principessa Harriet, la piccola Millia, il cacciatore Raul, il principe Dietrich sono solo alcuni della lunga lista che potrei tracciare qui. Ognuno di loro porta con sé un tema che di volta in volta viene affrontato nel corso del romanzo. Si va da ciò che dà valore ai legami affettivi al peso dato dai doveri di nascita, dall’insicurezza personale alla difficoltà nel comprendere le proprie emozioni dopo una vita passata a nasconderle. Una simile varietà contribuisce a rendere la storia dinamica e anche istruttiva, per certi versi.
Una storia, tre medium
C’è chi mi potrebbe considerare esagerata poiché ho letteralmente divorato questa storia in qualsiasi formato l’abbia trovata. Che bisogno c’è di leggere e vedere un racconto di cui conosci già le dinamiche? Al di là del mio amore per i rewatch, devo ammettere di aver trovato stimolante la possibilità di confrontare i diversi adattamenti della relazione tra Rishe e Arnold. È interessante vedere di volta in volta come i vari linguaggi usati nel mondo dell’arte e della comunicazione possono essere usati per veicolare la stessa narrazione. Devo dire che ciascun medium di 7th time loop fa il suo dovere: i romanzi sono coinvolgenti, il manga è visivamente coinvolgente e l’anime è d’intrattenimento.
Personalmente, credo che il manga sia il migliore dei tre, però è un’opinione spassionata e puramente soggettiva.
Romanzi
Ho letto i romanzi in inglese, lingua che capisco abbastanza bene ma che non pratico quotidianamente (soprattutto da quando guardo anime!). Di conseguenza, l’idea che mi sono fatta dello stile dell’autrice è sicuramente parziale. L’impressione è che la prosa sia piuttosto semplice e costruita per intrattenere un pubblico più eterogeneo possibile. Non ci sono grandi manierismi nell’uso del linguaggio. In compenso, la costruzione della trama è piuttosto sapiente. Non sono pochi i cliff hanger disseminati alla fine dei capitoli che ancora non hanno visto una risoluzione (che cosa ha detto Arnold a Rishe prima che lei morisse alla fine del suo sesto loop? Qual è il desiderio di Arnold che vuole realizzare grazie a/attraverso Rishe?). Il meccanismo funziona bene, tanto che in pochissimi giorni si può finire l’intera saga, come è successo a me.
È interessante la scelta di dedicare ciascun volume a un personaggio che ha fatto parte delle vite di Rishe. Mi domando cosa s’inventerà l’autrice per il settimo volume visto che, in teoria, abbiamo coperto già tutte le esistenze della protagonista. La costruzione del legame tra i protagonisti è graduale e ben fatta.
Quindi, si tratta sì di un prodotto d’intrattenimento, ma non per questo da sottovalutare.
Manga
Nel 2021, la Overlap ha avviato la produzione per l’adattamento della storia di 7th time loop in un manga. I disegni sono stati affidati a Hinoki Kino che, pur riprendendo i character design di Wan Hachipisu (disegnatrice dei romanzi), dà il proprio tocco personale agli stessi. Lei ha disegnato anche il manga NO.6, quasi sconosciuto ma veramente molto molto bello.
Quella che potrebbe sembrare un’operazione puramente commerciale è, in realtà, un prodotto ben concepito. Il modo di costruire le tavole di Kino è veramente interessante. Le inquadrature sono d’impatto e rendono molto bene l’atmosfera e il senso della storia. Basta guardare già la prima tavola per rendersene conto:

La tavola iniziale è composta da una sola immagine, cosa piuttosto insolita nei fumetti. Questo già da sé provoca un impatto non indifferente nel lettore o nella lettrice. Inoltre, la prospettiva centralizzata e la figura principale di spalle hanno un duplice effetto: da una parte si ha la curiosità di girare pagina per vedere la protagonista, dall’altra si ha come l’impressione di essere “risucchiati” in un vortice, il loop di cui il titolo ci dà conto.
Dire che la disegnatrice predilige la gabbia libera è riduttivo: molte sono le figure in sovraimpressione che fanno da raccordo tra due o più vignette. Ciò rende le immagini molto dinamiche senza far perdere loro di chiarezza. Sono molto belli anche i disegni in cui i vari loop temporali vissuti da Rishe si affacciano nel presente.
Le scene più umoristiche presenti nel romanzo sono enfatizzate nel manga grazie all’uso dei disegni chibi, delle onomatopee e delle didascalie/commento che si sommano alle battute dei personaggi. Di conseguenza, nel manga si recupera una dimensione più leggera: quello che nell’anime o nei romanzi suscitava solo un sorriso, nel manga fa proprio ridere.
Anime
La produzione dell’anime è stata avviata nel 2023 dallo Studio Kai. I 12 episodi della prima stagione sono andati in onda da gennaio a marzo 2024 e, ad oggi, ancora non si hanno notizie sulla possibile realizzazione di una seconda stagione. Le puntate coprono solo i primi due volumi dei romanzi, un arco narrativo minimo rispetto allo sviluppo della storia, e possono davvero essere considerate una semplice introduzione all’opera. Parlando con un mio amico – nerd da molti più anni di me che attualmente vive in Giappone – ho scoperto che spesso le versioni anime delle light novel servono a spingere le vendite dei libri più che a serializzare la storia. La mancanza di una seconda stagione, quindi, potrebbe essere dovuta proprio a questo motivo e potremmo attendere invano per anni.
Onestamente, un po’ mi dispiace perché il lavoro d’animazione fatto su 7th time loop non è affatto male. La prima sequenza dell’anime – originale rispetto ai prodotti cartacei – lo dimostra chiaramente. La scelta di partire dal momento della sesta morte di Rishe ci mette immediatamente di fronte ai due protagonisti della storia e al loro rapporto di amore e morte. Le inquadrature iniziali che seguono Arnold mentre entra nel castello senza mostrarlo mai in volto e accompagnato solo dai rumori della pioggia e del campo di battaglia hanno un forte impatto sullo/a spettatore/spettatrice e sono la cornice perfetta per introdurre il personaggio maschile. Personalmente adoro il momento in cui, durante il duello tra il cavaliere Rishe e il principe, la spada della ragazza si spezza e cadendo mostra il riflesso dell’una e dell’altro. Sono tutti espedienti visivi che servono a tratteggiare il legame fatale che unisce i due futuri promessi sposi. E sono belli.
Mentre leggevo i vari romanzi, mi è capitato spesso di desiderare di vedere animate quelle scene. Perché si sa che per quanto l’immaginazione possa essere appagante, la realtà può essere ancora più appagante. Purtroppo, in questo caso, ci resta poco da fare se non incrociare le dita e sperare.
Scheda tecnica
Titolo originale: | Loop 7-kaime no Akuyaku Reijō wa, Moto Tekikoku de Jiyū Kimamana Hanayome Seikatsu o Mankitsu Suru |
Studio di animazione: | Studio Kai |
Anno di uscita: | 2024 |
Manga e novel: | I romanzi di Touko Amekawa illustrati da Wan Hachipisu sono usciti per la prima volta nel 2020 e vanno avanti tuttora. Il manga viene disegnato da Hinoki Kino per la rivista Comic Gardo. Le pubblicazioni sono iniziate nel 2020 e vanno ancora avanti. |
Genere: | romance, fantasy. |
Voto: | 4/5 |
Da guardare/leggere se: | si vuole conoscere una protagonista forte e determinata, se si amano le tavole costruite in maniera originale e se si è appassionati/e di storie d’amore. |
Federica Crisci

The apothecary diaries: misteri e delitti nel Palazzo Imperiale
Se mi chiedessero di nominare i miei anime del cuore, The apothecary diaries figurerebbe tra i primi 5 titoli. Dalla prima volta che l’ho visto (parliamo dell’autunno del 2024, quindi non molto tempo fa), mi è rimasto in testa e non ho potuto fare a meno di innamorarmene. L’arrivo dei nuovi episodi su Chruncyroll ogni venerdì mi ha fornito la scusa perfetta per un ulteriore rewatch. Mi serviva per raccogliere un po’ di idee su cosa scrivere in questo articolo, ma non posso negare di essermelo goduto tantissimo, proprio come la prima volta.
La trama de Il monologo della speziale
Maomao è una giovanissima speziale che lavora nel quartiere dei piaceri cittadino. Ama qualsiasi cosa abbia a che fare con il mondo dei farmaci e trascorre il tempo a sperimentare nuove cure o a studiare erbe, veleni e le proprietà di elementi vegetali o animali. Tutto questo fino al giorno in cui non viene rapita e venduta come serva alla Corte Interna del Palazzo Imperiale, il luogo in cui sono radunate le numerose cortigiane tra le quali l’Imperatore dovrà scegliere la sua sposa. Pur volendo passare inosservata, Maomao non può fare a meno di tenere a bada la sua curiosità né il suo senso di giustizia. E così, quando si accorge del perché i neonati figli dell’imperatore stanno deperendo a vista d’occhio, escogita un modo per salvare loro la vita. In questo modo, finisce per farsi notare da Jinshi (in italiano Renshi, non so bene perché), un personaggio misterioso e importante della Corte Interna, che inizierà a coinvolgerla nella risoluzione degli intrighi di palazzo.
La Sherlock della Corte Interna
Inizialmente, sembra che ogni puntata sia incentrata su un enigma da risolvere. Solo dopo alcuni episodi ci si rende conto che i fili delle diverse trame sono inevitabilmente intrecciati e hanno molto più da raccontarci di quanto non abbiano già fatto. Per ogni mistero risolto si aprono altri punti interrogativi che rendono la trama sempre più intricata e sorprendente.
Al centro di questa fitta rete di macchinazioni e d’imbroglio si trova – spesso suo malgrado – Maomao. Grazie alle conoscenze accumulate nel tempo e attraverso un’attenta analisi di ciò che le si presenta davanti agli occhi, la speziale riesce ad arrivare sempre alla risoluzione del problema. Nonostante il suo brillante intuito, la ragazza cerca sempre prove che riescano a dimostrare le sue congetture.
Questa struttura a giallo combinata con la presenza di una protagonista simile mi hanno riportato alla mente Sherlock, la meravigliosa serie con Benedict Cumberbatch e Martin Freeman. Ho rivisto il detective del 221B di Baker Street nella giovane speziale. È probabile che questo sia uno dei motivi per cui non ho potuto fare a meno di amare The apothecary diaries.
Un’eroina atipica (e meravigliosa proprio per questo)
Trovo entusiasmante che al posto dell’uomo intelligente e arguto vediamo agire una donna dalle stesse qualità. Non è scontato, soprattutto nel mondo dei manga e degli anime. In queste narrazioni è difficile trovare personaggi femminili in grado di autodeterminarsi o con caratteristiche fisiche e caratteriali lontane dai modelli canonici che ruotano intorno agli archetipi della giovane vergine o della femme fatale.
Maomao non è solo molto intelligente e competente nel suo settore, ma è anche completamente disinteressata all’aspetto sentimentale. Il suo unico amore sono le piante, i veleni, i medicinali. Non nutre il minimo interesse per altro, tanto da distrarsi facilmente quando la conversazione prende una piega per lei poco stimolante per lei. Bisogna però riconoscere che lo sviluppo delle sue abilità mediche non è stato solo frutto di passione, ma anche di necessità. Provenendo da una classe sociale bassa, Maomao è consapevole che potrà ottenere solo quello che sarà in grado di raggiungere con le sue capacità. Pur di vivere una vita lunga e tranquilla, Maomao affina al massimo le sue conoscenze e cerca di non farsi coinvolgere più del dovuto, soprattutto quando si tratta di venire a conoscenza di segreti importanti. Nutre una forma di compassione per chi come lei ha pochi mezzi tanto da non voler puntare il dito contro nessuno neanche se colpevole.
È un’eroina che s’imbruttisce pur di non attirare attenzioni non volute. Non si preoccupa di sporcarsi, di avere un odore sgradevole o di comportarsi come tutte le altre ragazze in cerca di marito. Maomao s’ingegna per bastarsi da sola. Tutto questo la rende un gran bel personaggio.
Un coprotagonista che ricorda le ragazze degli shojo
Negli shojo manga o nelle light novel in cui le protagoniste sono donne è piuttosto difficile trovare uomini che s’innamorano senza essere ricambiati (a meno che non siano gli amici d’infanzia). In The apothecary diaries succede. Non vediamo il sentimento d’amore crescere nella donna tra sfondi a fiori e tormenti interiori degni dell’Amleto shakespeariano. In quest’anime – tratto dai romanzi di Natsu Hyūga – è Jinshi a cadere preda del furor amoris. Tra l’altro, la “vera bellezza” della storia è proprio lui, non Maomao.
Il capo della Corte Interna è un altro personaggio molto interessante che la serie ci offre. Alla fine della prima stagione, la sua vera identità non è ancora palesata, anche se intuibile. Il suo carattere infantile a allo stesso tempo generoso e volenteroso di imparare ricorda quello caratteristico delle protagoniste shojo. Anche lui, un po’ come Maomao, aspira alla possibilità di autodeterminarsi e a poter scegliere chi essere. È interessante che pur appartenendo a una classe sociale molto più alta di quella di Maomao (tra le più auspicabili), Jinshi si senta ugualmente prigioniero della sua condizione e sia esposto a dei rischi. La seguente riflessione di Maomao in una delle puntate è illuminante da questo punto di vista:
La Corte Interna è una gabbia d’oro. Non è poi così diversa dal quartiere dei piaceri.
Una storia d’amore tutta particolare
La dinamica relazionale tra Jinshi e Maomao è estremamente divertente e rappresenta uno dei nodi fondamentali intorno ai quali si intreccia la storia. L’incapacità della speziale di afferrare i sentimenti del ragazzo e la sua totale mancanza di malizia anche nelle situazioni più imbarazzanti (come l’ “esame” del corpo di Libai) rendono molte scene comiche e memorabili.
È chiaro che l’intenzione è quella di portare i due ad avvicinarsi e Maomao ad aprirsi all’amore. Gli ostacoli per la coppia potrebbero essere numerosi. Più che la classe sociale, è proprio l’atteggiamento e la personalità della speziale che dovranno subire una trasformazione per permettere alla storia di sbocciare. Sarà interessante vedere come avverrà tutto ciò.
Una serie ricca di temi in un’ambientazione storica credibile
The apothecary diaries tratta tantissimi temi secondari legati alle singole vicende che di puntata in puntata occupano la scena. Dall’invidia verso chi si reputa più fortunata (salvo scoprire poi che non lo è affatto) all’avvicendarsi della fortuna e della sfortuna. Dall’incapacità di comunicare i propri sentimenti al cercare di fare del proprio meglio per ottenere ciò che si desidera.
Alla grande varietà di tematiche si accompagnano tantissimi personaggi provenienti da ogni classe sociale e dai caratteri più disparati. Le loro vicende hanno come sfondo due ambientazioni principali speculari tra loro: la corte imperiale e il quartiere popolare. Quest’ultimo è dipinto come un luogo povero, brutale, affamato di denaro. Sentimenti d’amore e di fratellanza/sorellanza sopravvivono, ma rischiano di essere fatali a chi li dimostra. La Corte Interna può apparire più raffinata grazie alla maestosità dei palazzi e alla rigida etichetta, ma le passioni e gli interessi che la animano sono le stesse della città. D’altra parte, la natura dell’essere umano è sostanzialmente quella. L’educazione e i contesti possono variare al punto da rendere alcuni meccanismi più nascosti e più complessi, ma la base di partenza è sempre la stessa: il desiderio di qualcosa che non si ha.
Animazione e colonna sonora
L’animazione di The apothecary diaries funziona sempre molto bene. L’alternanza tra disegno comico e serio – spesso compresente – movimenta le puntate e contribuisce a rendere il ritmo scorrevole e godibile. I colori usati sono vivaci e adatti all’atmosfera raccontata. Non mancano scelte di regia più cupe che riguardano le storie più inquietanti. In particolare, penso alle sequenze del terzo episodio in cui compare la donna che balla sulle mura oppure lo sguardo quasi omicida di Maomao quando Jinshi nomina suo padre.
Un altro aspetto della serie che trovo meraviglioso sono le opening e le canzoni presenti in alcuni momenti iconici della serie. Vi lascio la mia preferita in assoluto, nel caso la vogliate (ri)ascoltare.
La seconda stagione di The apothecary diaries
L’uscita della seconda stagione di The apothecary diaries era tra le mie grandi attese del 2025. Ho iniziato a vederla, ma sono così curiosa di conoscere i futuri sviluppi che ho iniziato a leggere anche il manga dal punto in cui si è conclusa la prima serie. Credo anche che, una volta finiti i tankobon, andrò avanti con i romanzi. Devo sapere assolutamente che cosa succede!
Parleremo anche della seconda stagione… nel frattempo, se non avete ancora avuto modo di incontrare Maomao, vi consiglio di darle una possibilità di catturarvi con la sua intelligenza e il suo spirito.
Scheda tecnica
Titolo originale: | Kusuriya no hitorigoto |
Studio di animazione: | Toho Animation Studio |
Anno di uscita: | 2023 (dal 21 ottobre al 23 marzo 2024) |
Manga: | 14 volumi attualmente disponibili, ma la serie è ancora in corso. In Giappone, il manga è serializzato da Square Enix su Monthly Big Gangan. In Italia, i 13 volumi disponibili sono editi da J-Pop. |
Genere: | seinen, storico, giallo e sentimentale |
Voto: | 5/5 |
Da guardare se: | si amano i misteri, le ambientazioni storiche e le protagoniste anticonvenzionali. |
Federica Crisci
Le immagini contenute in questa recensione sono riprodotte in osservanza dell’articolo 70, comma 1, Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Si tratta, infatti, di «riassunto, […] citazione o […] riproduzione di brani o di parti di opera […]» utilizzati «per uso di critica o di discussione», nonché per mere finalità illustrative e per fini non commerciali. La presenza in Anime a Merenda non costituisce «concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».

Solo Leveling: quando livellare è questione di vita o di morte
Avere la possibilità di trascorrere un’intera giornata a casa dedicandosi solo al relax, alle maratone di anime o alle letture avvincenti è un lusso difficile da conquistare nei ritmi frenetici e sociali a cui siamo abituati oggi. Tuttavia, con un po’ di organizzazione, volontà e un pizzico di fortuna, è possibile riuscire a ritagliarsi del tempo di qualità per vivere un’esperienza simile (anche più spesso di quanto si creda).
Per rendere occasioni simili veramente rigeneranti è importante scegliere l’anime giusto. Ne serve uno breve, dalla storia accattivante e avvincente al punto tale da non riuscire a mollare lo schermo per più di 10 minuti. Solo Leveling risponde perfettamente a questi requisiti e si presta, quindi, a essere un’ottima scelta in queste situazioni.
Devo però ammettere di non averlo visto in una sola giornata. Non avendo idea di che cosa mi sarebbe aspettato, ho iniziato a guardarlo una sera verso le 11:30. Alla fine della quarta puntata, ero felice che non ci fosse un cliffhanger importante (come nelle precedenti) visto che il giorno dopo mi toccava andare a lavoro e non potevo permettermi di restare sveglia tutta la notte.
La trama di Solo Leveling
Dopo che sono iniziati a comparire portali (Gate) in grado di collegare il nostro mondo con un’altra realtà popolata di mostri (chiamata dungeon), in alcuni individui si sono risvegliati dei poteri speciali. Tali abilità hanno diversa natura e varie intensità tanto da aver vita a una vera e propria classificazione delle stesse. Il grado S rappresenta il più alto, mentre l’E il più basso. Ci si può allenare per migliorare forza e resistenza, ma è impossibile salire di livello. Gli esseri umani dotati di poteri sono stati chiamati Hunter e a loro è stato affidato il compito di difendere il mondo combattendo i mostri e chiudendo i Gate che di volta in volta si aprono. Tra loro, a Seul, c’è anche Jinwoo Sung, grado E. Nonostante rischi spesso di perdere la vita e venga preso in giro da tutti gli altri Hunter per il suo basso livello, Sung continua a partecipare ai raid dentro i dungeon perché deve mantenere le cure mediche della madre (caduta in coma dopo l’apertura dei portali) e la sorella minore che va ancora a scuola.
Durante una delle solite spedizioni, il gruppo di Jinwoo si ritrova in un dungeon anomalo in cui vivranno un’esperienza traumatica, terrificante e per molti fatale. Lo stesso protagonista si dovrà confrontare con la morte… e con la resurrezione.
Per capire se la trama vi intriga o meno, non serve altro. Nei prossimi paragrafi, scriverò liberamente riflessioni sull’intera storia, quindi potrebbero esserci spoiler. Se volete evitarli, tornate pure quando avrete visto almeno la prima stagione.
Cosa significa livellare
Scampato per un soffio alla morte, Jinwoo ottiene la possibilità di diventare un Player. Di conseguenza, vive come se si trovasse in un videogioco. Deve completare obiettivi giornalieri e missioni, riceve ricompense, può equipaggiarsi di armi e oggetti utili e, soprattutto, può livellare. Seguendo le indicazioni fornite da schermi che solo lui può vedere, gli è permesso aggiungere punti alla forza, all’agilità, alla velocità e all’intelligenza, diventando così sempre più capace. Ben presto, quindi, può affrontare da solo anche i dungeon più difficili.
Durante tutta la prima stagione assistiamo all’evoluzione e alla crescita fisica di Jinwoo il cui unico pensiero, una volta scampato alla morte, è diventare più forte. Lo vediamo prendersi cura della sorella e cercare di recuperare un elisir in grado (presumibilmente) di svegliare sua madre dal coma, ma la sua preoccupazione costante è trovare nemici da affrontare per poter salire di livello. In questa ricerca continua di miglioramento non ho potuto fare a meno di avvertire una componente quasi ossessiva. Sarebbe del tutto giustificabile e comprensibile visto quanto vissuto da Jinwoo. Non è solo il trauma di essere stato quasi ucciso tra indicibili sofferenze. È anche la voglia di riscatto dopo anni passati a sentirsi debole e messo in ridicolo per il suo livello.
Per me è stato inevitabile pensare a tutte quelle persone che a un certo punto della vita si sono imposte un determinato regime alimentare/fisico o addirittura caratteriale perché non si apprezzavano a sufficienza, spesso a causa di giudizi interiorizzati a partire dall’esterno. Tanto più il cambiamento mi è stato esternato, conclamato e decantato, tanto più mi è sembrato doloroso e non sono riuscita a fare a meno di domandarmi (a ragione o a torto) se fosse davvero la strada migliore per quella persona.
Diventare forte equivale a perdersi?
Me lo sono chiesta anche per Jinwoo. E la mia domanda ha poi trovato eco nelle parole del protagonista dell’episodio 9, You’ve been hiding your skills.
Senza dubbio sono diventato più potente di prima. Però, non capisco perché ogni volta che divento più forte sento dissolversi qualcosa nel profondo della mia anima.
Il potere acquisito, quindi, non è sufficiente, anzi. Anche a causa della sua nuova forza, Jinwoo dovrà confrontarsi con la sensazione di essere un assassino. È vero che uccide poiché costretto, ma il risultato non cambia. La nuova condizione gli impone delle responsabilità e delle scelte gravose che lo portano a perdersi e anche a isolarsi. Questa mancanza di legami si riflette in chi guarda: non ci sono molti altri personaggi a cui affezionarsi in Solo Leveling, almeno nella prima stagione.
Il confronto d’obbligo con il vecchio sé
In questo gioco a livelli il cui vero scopo è cancellare il vecchio sé è inevitabile che questo arrivi a materializzarsi per ricordare che nel profondo esiste ancora. Succede – anche se con dinamiche completamente diverse – anche nella puntata conclusiva della prima stagione de Il mio matrimonio felice. Nell’ultimo episodio, mentre è impegnato in uno scontro mortale da cui non può sottrarsi per cercare di acquisire un nuovo ruolo, Jinwoo incontra il ragazzo che era prima di diventare un Player. Quest’ultimo con sguardo allucinato e un sorriso sadico gli ricorda che nel profondo non è nient’altro che un debole. Inoltre, giudica gli sforzi compiuti fino a quel momento del tutto inutili visto che finirà comunque per essere ucciso. Un colpo di fortuna strappa Jinwoo alla morte e a questo confronto. È possibile che ce ne sia un altro in futuro, visto che il dibattito è rimasto alquanto aperto.
Ciò che è interessante è che in qualsiasi percorso di cambiamento è impossibile eliminare ciò che si è stati prima. La domanda è se sia veramente giusto demonizzare il proprio sé del passato piuttosto che accoglierlo come una fase necessaria o come una parte del proprio essere bella anche con tutti i suoi difetti.
Essere forti: un pregio o un difetto?
Ciò che Jinwoo rifiuta del sé del passato è la debolezza, in parte obbligata dal basso grado dei suoi poteri. Qui si potrebbe aprire un grandissimo dibattito sul valore da dare al concetto di debolezza e di forza, spesso considerate rispettivamente come un difetto e un pregio della persona. Al giorno d’oggi si potrebbe argomentare che considerare la sola forza fisica come la Virtù è piuttosto limitativo soprattutto se questa viene a scapito di intelligenza emotiva o della capacità di giudizio.
È vero che probabilmente Solo Leveling non è un anime che vuole aprire riflessioni simili. Piuttosto, vuole porre l’accento sul fatto che in un mondo crudele ed egoista è necessario fare del proprio meglio per non soccombere. Se deciderà di porre l’accento sul prezzo che una simile scelta comporta (un po’ come vediamo in Attack on Titan), lo vedremo nelle prossime stagioni.
Solo Leveling: un anime da vedere
Al di là delle speculazioni tematiche, devo ammettere che Solo Leveling è un bell’anime da guardare. Funziona tutto, dai disegni alle animazioni passando per la colonna sonora. L’opening mi ha stregata, tanto che l’ho ascoltata a ripetizione mentre scrivevo tanto che ho deciso di lasciarvela qui, nel caso aveste voglia di risentirla.
Un aspetto interessante dell’anime è la sua ambientazione a Seul. Invece delle metropoli giapponesi, questa volta vediamo le strade e i locali dai nomi molto particolari (alzi la mano chi non è rimasto a bocca aperta davanti al fotogramma con l’insegna “Cafè Pene”) della capitale della Corea del Sud. Non potrebbe essere altrimenti visto che Solo Leveling ha origine dalla mente dello scrittore coreano Chugong. Dopo il successo ottenuto dal light novel, la Kakao ha realizzato un manhwa a colori per la propria piattaforma online. L’opera è approdata in Giappone grazie A-1 Pictures che ne ha realizzato l’anime diretto da Shunsuke Nakashige e scritto da Noboru Kimura.
Personalmente, ho adorato l’uso del lessico caratteristico dei videogiochi. Probabilmente non è una novità. È possibile che guardando opere come Sword Art Online o Black Clover, mi renda conto che è più una prassi che non una vera e propria scelta coscienziosa e ragionata. Ma dato che mi risulta nuovo, l’ho trovato particolarmente interessante.
La seconda stagione di Solo Leveling
Dal 4 gennaio 2025 sta andando in onda su Chruncyroll la seconda stagione di Solo Leveling. Mi ero ripromessa di guardare la prima seria durante questo nuovo anno non solo perché ne avevo sentito tanto parlare, ma anche per godermi le uscite dei nuovi episodi in diretta. Proprio per questo, è stata la prima che ho deciso di debellare dalla lista. Devo ammettere che ne è davvero valsa la pena.
Scheda tecnica
Titolo Originale: | Na honjaman reber-eop |
Studio di Animazione: | A-1 Pictures |
Anno di uscita: | 2024 (dal 6 gennaio al 30 marzo) |
Manhwa: | 13 volumi pubblicati su KakaoPage. In Italia i volumi sono 26 e sono editi da Star Comics |
Genere: | azione e fantasy |
Voto: | 4,5/5 |
Da guardare se: | si amano i videogiochi, i combattimenti, le storie di riscatto personale… o i figoni. |
Federica Crisci
Le immagini contenute in questa recensione sono riprodotte in osservanza dell’articolo 70, comma 1, Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Si tratta, infatti, di «riassunto, […] citazione o […] riproduzione di brani o di parti di opera […]» utilizzati «per uso di critica o di discussione», nonché per mere finalità illustrative e per fini non commerciali. La presenza in Anime a Merenda non costituisce «concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».

Gli anime del 2025 che non vedo l’ora di vedere
L’arrivo di un nuovo anno porta sempre con sé delle emozioni ambivalenti e spesso contrastanti tra loro. Sono arrivata da tempo alla consapevolezza che la data sul calendario è puramente convenzionale. Di fatto, il passaggio dal 31 dicembre al 1 gennaio non ha nulla di diverso da quello degli altri giorni se non il significato che socialmente gli attribuiamo. Eppure, ho capito che ignorare l’importanza dei simboli può essere controproducente. Gli esseri umani vivono di simboli. È un modo che hanno trovato per celebrare l’esistenza e darle significato davanti all’inesorabile e veloce passaggio del tempo. Di conseguenza, non ho potuto fare a meno di salutare il 2024 pensando a quanto di buono e di brutto mi ha lasciato e di accogliere il 2025 con una lista non troppo lunga di buoni propositi. D’altra parte, se le cose le inquadri nella giusta prospettiva, possono essere strumenti utili per la crescita personale.
Per quanto rendermi conto che è passato un altro anno ancora non è più come quando avevo 16 anni e non vedevo l’ora di diventare maggiorenne, quest’anno il primo pensiero che mi veniva in mente era:
Nel 2025 potrò vedere tantissime nuove stagioni che attendo da tanto!
Voglio condividere con voi una lista di alcuni anime in uscita nel 2025 che sto aspettando con tanta trepidazione!
1. The apothecary diaries – stagione 2
Guardare Il monologo della speziale è stato uno dei momenti più belli del 2024. Mi è piaciuto tutto di quest’anime: dalla protagonista alla storia, dalle canzoni all’animazione. L’ho trovato tanto stimolante e non ho potuto fare a meno di rivedere l’intera stagione appena finiti tutti gli episodi. Ancora oggi devo combattere con l’istinto di riavviare “play” su Chruncyroll. Trovo entusiasmante vedere come i vari episodi, anche quelli autoconclusivi, siano tutti intrecciati tra loro e ti facciano entrare in una storia ricca di intrighi, ma anche di buoni sentimenti. Non vedo l’ora di essere nuovamente sorpresa dall’intuito e dalle capacità di Mao Mao nonché di sorridere ai suoi battibecchi con Jinschi.
2. Lady Oscar – il film della Mappa
Il manga di Riyoko Ikeda e l’anime che ne è stato tratto hanno segnato l’infanzia di tantissimi/e Millennial. La storia del comandante Oscar, una donna cresciuta come un uomo, e della sua amicizia con la regina di Francia Maria Antonietta è ormai diventata quasi più celebre degli eventi stessi della Rivoluzione francese. Nel 2025 questo splendido capolavoro tornerà sullo schermo in una veste completamente nuova. Lo studio d’animazione Mappa ha annunciato il remake animato di Le rose di Versailles che verrà distribuito nelle sale cinematografiche in primavera. I disegni sembrano molto più fedeli alle tavole della mangaka anche se mi fanno un effetto strano avendo ben in mente le immagini dell’anime degli anni Ottanta. Nonostante questo, sono curiosissima di vedere cosa le animazioni straordinarie della Mappa (nota per aver curato Jujutsu Kaisen e le stagioni finali di Attack on Titan) aggiungeranno alla storia.
3. Spy x Family – stagione 3
Durante il Jump Festa 2025 è stato annunciato l‘arrivo della terza stagione di Spy x Family durante il prossimo autunno. Sebbene sia piuttosto lontano, non posso fare a meno di desiderare che ottobre arrivi prestissimo. Guardare le avventure della famiglia Forger è un toccasana: io non posso fare a meno di ridere anche durante i rewatch (sono arrivata al terzo). I personaggi sono variegati e interessanti. Gli intrecci che si creano a livello narrativo a causa dei segreti che ciascun membro della famiglia ha sono esilaranti e narrativamente ben strutturati. Personalmente, sto aspettando il momento in cui la verità verrà alla luce, ma so bene che dovrò aspettare ben oltre il 2025 per vederlo!
4. Demon Slayer – Il castello dell’Infinito
L’arco finale di Demon Slayer sarà una trilogia cinematografica. Il primo film uscirà proprio nel 2025 e preannuncia di essere grandioso dal punto di vista delle animazioni, come già ci ha dimostrato l’ultimo episodio della scorsa stagione (dedicata all’allenamento dei Pilastri). Questo arco narrativo è probabilmente il più bello e appassionante dell’intera serie. L’ho divorato nel manga e non vedo l’ora di vederlo animato… anche perché, onestamente, i disegni del manga per me lasciano un po’ a desiderare.
5. Il mio matrimonio felice – stagione 2
I primissimi giorni di gennaio porteranno su Netflix la seconda stagione de Il mio matrimonio felice. Questo shojo fantasy ambientato nel Giappone del XX secolo mi ha conquistata non tanto per il romanticismo della storia, ma per la sua capacità di raccontare in maniera complessa temi che potrebbero facilmente essere banalizzati visto il genere di appartenenza. Spero di vedere molti più intrighi e complotti familiari e dal finale del trailer mi sembra che posso ben sperare.
Federica Crisci
Le immagini contenute in questa recensione sono riprodotte in osservanza dell’articolo 70, comma 1, Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Si tratta, infatti, di «riassunto, […] citazione o […] riproduzione di brani o di parti di opera […]» utilizzati «per uso di critica o di discussione», nonché per mere finalità illustrative e per fini non commerciali. La presenza in Anime a Merenda non costituisce «concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».